Norman Ventura ha lasciato un posto sicuro per dedicarsi ad un mestiere antico: il sarto. Oggi cuce “Lederhosen”, pantaloni in pelle, come si facevano una volta.
Il treno si ferma alla stazione di Salorno. Scendo in mezzo alla piana della Valle d’Adige. Sto per raggiungere Norman Ventura nel suo nuovo laboratorio, dove realizza Lederhosen: pantaloni in pelle da uomo, tipici di Alto Adige, Tirolo, Svizzera tedesca e Baviera. Faccio una breve rampa di scale che mi porta nel primo dei due locali che costituiscono il laboratorio. La mia mano scorre su un’elegante ringhiera in ferro battuto creata appositamente dal nonno. Norman mi offre un caffè fatto con la moka e ci sediamo ad un tavolo di legno, in uno spazio rivestito in perline di legno che ricorda il tipico soggiorno delle zone alpine di lingua tedesca: la stube. In un angolo c’è un camerino dove provare i pantaloni appena realizzati. Norman è gentile, riservato e risoluto. Madrelingua tedesca, parla perfettamente italiano, ma anche dialetto trentino. È giovane, classe 1991, eppure ha già fatto in tempo a lasciare il suo posto di lavoro sicuro in uno studio ingegneristico per dedicarsi al 100% ai Lederhosen.
Norman Ventura ha lasciato il suo posto sicuro in uno studio di ingegneria per dedicarsi interamente al cucito di Lederhosen
I cervi dello Stelvio
Chiedo a Norman dove si procura la materia prima. “È pelle di cervo, animali di solito catturati nel Parco Nazionale dello Stelvio, con la caccia di selezione”, spiega. Si rifornisce dall’ultimo conciatore artigianale altoatesino, che non fa avvicinare nessuno ai suoi laboratori che racchiudono segreti centenari. Adesso sono proprio curiosa. È ora che Norman mi spieghi come sono fatti questi Lederhosen. Mi faccio portare nell’altra sala a vedere il laboratorio vero e proprio. Tutte le strumentazioni e tutti i macchinari hanno il loro spazio. Diversi scaffali pieni di pellami, sagome e stampi, colle e fili. Tre macchine per cucire e diversi tavoli, dedicati a diverse fasi di lavorazione dei Lederhosen. Una sorta di pressa attira la mia attenzione. “Serve per ritagliare perfettamente i vari elementi ricorrenti nei pantaloni”, spiega Norman.
Pelle di cervo, conciata
con metodi tradizionali
Il “Messertaschl”, il taschino laterale in cui tradizionalmente veniva messo il “Fuhrmannsbesteck”, il kit per essere pronti per ogni evenienza
Pantaloni di una volta
I Lederhosen erano i resistenti pantaloni usati per centinaia di anni per lavorare sulle montagne alpine. Idrorepellenti, non avevano un cattivo odore e venivano quindi cambiati più di rado. Norman, molto legato alla sua terra e alla sua storia, ci tiene a precisare che era anche una componente della divisa di inizio ‘800 delle milizie volontarie Schützen, capeggiate da Andreas Hofer, eroe altoatesino nato in Val Passiria. Sono stati proprio gli Schützen, oggi in veste di associazioni folkloristiche, a fargli venire l’idea di diventare sarto. Con la pelle si è sempre divertito, ma mai aveva provato a creare dei pantaloni. È così che è nata questa passione.
Lederhosen
Due modelli base
– “Kniebundhosen”, lunghi fino al ginocchio
– “Seplhosen”, una volta portati solo da bambini
Particolari
– “Himmelstor“ (portone del paradiso) oppure “Sautirl” (porticina della scrofa): una grande patta sul davanti, che permette di non doversi cavare del tutto i pantaloni in caso di necessità fisiologiche
– “Messertaschl”: il taschino per il “Fuhrmannsbesteck”, cioè le posate del condottiero, costituite da coltello, forchetta e dure rebbi e un punteruolo… o, più prosaicamente, per lo smartphone.
Tempo per crearli
– da 3 a 4 giorni per modelli semplici
– 1 settimana per modelli più complessi
Norman alla pressa ritaglia le strisce in pelle per realizzare la treccina che scende dalla pettorina, chiamata “Steg”
Notati da ricchi in villeggiatura, i Lederhosen sono stati poi successivamente impreziositi di ricami legati alla provenienza e al ceto sociale di chi li indossava, una sorta di carta d’identità. Ora sono assurti al rango di abbigliamento tipico da festa, utilizzati da bande musicali, cori, corpi di ballo tradizionali (come gli Schuhplattler, letteralmente “battitori di scarpe”).
Le sagome che vengono messe nella pressa per ritagliare perfettamente alcuni elementi dei Lederhosen
Mentre mi perdo con Norman nella storia e nei costumi locali, ci raggiunge un altro ragazzo, il fratello Thomas, più espansivo, sorridente e muscoloso di Norman, ma altrettanto deciso. Presto saranno uniti per portare avanti un lavoro che in Alto Adige era ormai estinto. Tutti i sarti storici sono andati in pensione. “Nei negozi di abbigliamento tradizionale si trovano ormai troppo spesso modelli realizzati in Pakistan e Bangladesh da persone sfruttate e immerse in prodotti chimici pericolosi e inquinanti. Sono quelli che costano poco e durano poco”, spiega Norman. I pantaloni in pelle che realizza con suo fratello resteranno nel tempo e potranno ricominciare ad essere ereditati di generazione in generazione.
In amichevole collaborazione con la piattaforma di narrazione “Storie da vivere” di IDM Südtirol. Autori, fotografi e registi raccolgono e raccontano storie reali di persone, prodotti e modelli di vita in Alto Adige.
www.suedtirol.info/storiedavivere